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Muore Carlo Petrini

Ultimo Aggiornamento: 18/04/2012 17:57
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18/04/2012 17:55

Muore Carlo Petrini - sputtanò il calcio
calcio.fanpage.it/e-morto-carlo-petrini-denuncio-per-primo-il-marcio-del...

Carlo Petrini è morto questa mattina, nell’ospedale di Lucca, dopo una lunga malattia che ne aveva debilitato il fisico, in uno strano scherzo del destino. Proprio quando il mondo del calcio, che per anni è stato anche il suo, ricordava con una giornata di stop e di lutto la morte di un giovanissimo calciatore, Piermario Morosini, e negli stessi giorni in cui stanno emergendo allarmanti indiscrezioni attorno all’ultimo scandalo del calcioscommesse. Due elementi che hanno segnato la vita – soprattutto post-calcistica – di Carlo Petrini, popolarissimo calciatore a cavallo degli anni ’60 e ’70 e poeta maledetto di quel mondo che tanto gli aveva dato, togliendogli troppo.

Una carriera tra scandali e calcio - Carlo Petrini, dodici anni fa, nel 2000, salì alla ribalta della cronache per la sua diretta denuncia verso la corruzione e le pratiche di doping che – nella sua denuncia all’interno del suo primo romanzo “Nel fango del Dio Pallone” – coinvolgerebbero da sempre il mondo del pallone. Tutto nasceva dalla sua denuncia degli anni in cui era un calciatore professionista, in una carriera tutt’altro che anonima. Cresciuto nelle giovanili del Genoa, vestì anche la maglia del Milan nel 1968-1969 sotto la guida del ‘paròn‘, Nereo Rocco, del Torino (dal ’69 al ’71), con cui vinse la Coppa Italia 1970-1971. Poi, passò al Varese nella stagione successiva, nel Catanzaro dal 1972 al 1974, andò alla Ternana nel 1974-1975, quindi nella Roma di Nils Liedholm durante l’annata 1975-1976, infine al Verona sempre in Serie A (1976-1977), al Cesena dal 1977 al 1979 per concludere la sua carriera al Bologna nel 1979-1980. Una carriera interrotta a soli 32 anni per il suo coinvolgimento nel calcioscommesse ma che riprese, anche se in tono minore, grazie all’amnistia mondiale, chiudendo definitivamente con il calcio giocato prima nel Savona in Serie C2, poi con il Rapallo Ruentes nel Campionato Interregionale 1984-1985.
Petrini intraprese anche la carriera di allenatore, legando la sua figura all’Udinese, alla Fiorentina e al Parma, fino al 2009 quando decise di intraprendere la via della scrittura, con la denuncia degli anni in cui giocò.

La malattia e la denuncia - La sua voglia di ‘svuotare il sacco‘ e di denunciare il marcio del calcio, nasceva da un semplice dato di fatto. Petrini aveva vissuto direttamente anni ‘duri’, in cui – nelle pagine dei suoi libri – si narra di un ambiente corrotto, vile, in mano alla malavita, carico di omertà ma soprattutto senza scrupoli nè verso la persona nè verso la morale. Petrini era affetto da un tumore devastante alla testa, una condanna a morte ad orologeria, forse motivo principale delle feroci e crude denunce all’interno dei suoi libri, con date, circostanze, nomi e cognomi.
La grave forma di glaucoma, che gli aveva procurato la quasi completa cecità dell’occhio sinistro e aveva compromesso anche la vista dell’occhio destro, a detta dei medici che lo avevano in cura nel corso degli anni, sottoponendolo a ben cinque interventi chirurgici, era una forma di malattia che poteva essere correlata all’assunzione dei tanti farmaci dopanti e non, avvenuta durante la carriera di calciatore. Un dubbio atroce che se non fosse stato espresso, avrebbe corroso forse ancor prima Carlo Petrini dall’interno, vittima di una vita già provata dalla morte del figlio diciannovenne, Diego, anch’egli colpito da un mortale tumore al cervello.
E’ quella la sua unica certezza: che il calcio gli stia portando via la vita e come a lui a decine di migliaia di altri giovani calciatori che sono pronti a fare di tutto per una fetta di gloria, in mano a persone senza alcuno scrupolo. Eccolo Petrini, quando descrive se stesso:

“Ho tumori al cervello, al rene e al polmone. Ho un glaucoma, sono cieco, mi hanno operato decine di volte e dovrei essere già morto da anni. Nel 2005 i medici mi diedero tre mesi di vita. E’ stato il calcio. Ne sono certo. Con le sue anfetamine in endovena da assumere prima della partita e i ritrovati sperimentali che ci facevano colare dalle labbra una bava verde e stare in piedi, ipereccitati, per tre giorni. Ci sentivamo onnipotenti. Stiamo cadendo come mosche”.



[Modificato da Prof.Vennera 18/04/2012 17:57]
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